
Il 20 settembre a Bergamo abbiamo celebrato un compleanno speciale: vent’anni fa, nel 2005, con il Ludobus Giochingiro è iniziato un viaggio che ci ha portato in piazze, parchi e strade di oltre 100 paesi, con l’impegno a tutelare e valorizzare il gioco libero come patrimonio educativo e sociale di una comunità. Un traguardo che non è solo festa, ma occasione per fermarsi a riflettere su un cambiamento che osserviamo tutti i giorni: i bambini e le bambine, progressivamente, sono scomparsi dalle strade delle nostre città e paesi.
Per questo, accanto alla festa, abbiamo voluto creare anche uno spazio di riflessione condivisa. Il talk “Gioco, Famiglie e Città”, ha ricordato nei suoi saluti Nadia Pautasso – Presidente della Cooperativa Alchimia - è nato dal nostro desiderio di immaginare insieme una città più accogliente, inclusiva e stimolante per chi la abita. Una città che abbiamo visto più volte: nei suoi vent’anni il Ludobus è stato testimone di come, quando bambini e bambine sono i protagonisti di spazi urbani trasformati in luoghi di sorpresa e creatività, li rendano spazi di libertà e umanità.
La mattinata di “Gioco, Famiglie, Città” è stata molto interessante, ha dato voce a esperienze, studi e visioni che hanno messo in relazione il diritto al gioco, la progettazione urbana e la qualità della vita di comunità.
Il gioco come patrimonio collettivo
Daniela Ginammi, referente dell’area animazione ed eventi di Alchimia, ha raccontato il Ludobus, il suo progetto educativo che irrompe con forza dove è chiamato, e rilanciato il tema con passione: “la bellezza di una città si misura anche da quanto spazio lascia al gioco dei bambini e delle bambine”. Il gioco non è intrattenimento, ma un diritto fondamentale, uno strumento educativo e un atto di liberazione dagli schemi rigidi con cui spesso pensiamo lo spazio urbano.

Il diritto all’errore e all’autonomia
Antonio Borgogni – Pedagogista, Professore ordinario dell’Università degli studi di Bergamo - ha allargato la riflessione pedagogica parlando di “maternage urbano”: la città deve essere progettata non solo per proteggere, ma anche per permettere ai bambini di sbagliare, sperimentare, imparare, perché l’autonomia dei più piccoli è una tappa essenziale per crescere cittadini consapevoli.
Per sostenere questa interpretazione, ha raccontato le esperienze storiche di città europee come Amsterdam e Barcellona, famose per i loro spazi ludici urbani e notando come la modernizzazione delle città (traffico, urbanistica funzionale, privatizzazione degli spazi) abbia progressivamente escluso i bambini e le bambine dallo spazio pubblico, confinandoli in spazi chiusi e controllati. La città dovrebbe essere un luogo educativo e di crescita, ma la trasformazione urbana ha “cancellato” il gioco spontaneo in strada. Studi comparativi in tutta Europa hanno documentato il crollo della percentuale di bambini e delle bambine che vanno in autonomia a scuola o a giocare fuori casa, legandolo all’aumento del traffico e delle ansie genitoriali. Le ricerche raccontano che i “permessi di autonomia” in Italia vengono dati con quattro anni di ritardo rispetto a molti altri paesi europei.


Una questione culturale
L’assessora Marzia Marchesi del Comune di Bergamo, ha ribadito che il diritto al gioco e all’autonomia non riguarda solo famiglie o scuole, ma l’intera comunità educante. Serve un cambiamento culturale: imparare a tollerare e favorire i momenti di aggregazione spontanea, restituendo fiducia e responsabilità ai bambini e alle bambine.
La paura come barriera
Francesca Gotti – Architetta e Ricercatrice dell’Università di Pavia (DICAR), ha posto l’accento sul rischio di città “ostili”, in cui sicurezza e decoro finiscono per soffocare l’esperienza diretta. Le società moderne hanno sostituito l’avventura del gioco con sorveglianza e controllo, in nome della paura di pericoli reali o percepiti. È questo clima che ha contribuito alla “scomparsa” dei bambini e delle bambine dalle strade. La sua proposta: azioni urbane partecipate, temporanee e tattiche, capaci di generare cambiamenti concreti e testare nuove forme di spazio pubblico. Ci ha raccontato dell’esperienza “Scuole Car Free” che si sta concludendo presso la Scuola Primaria Sante Zennaro a Pavia, in cui i bambini e le bambine insieme a insegnanti e quartiere, sono stati coinvolti nella progettazione partecipata e nella realizzazione della trasformazione dello spazio urbano dentro e fuori la scuola.




Un messaggio chiaro
Il convegno si è chiuso con le parole di Francesco Tonucci: “La sicurezza di uno spazio urbano si misura dal grado di autonomia che i più piccoli possono avere al suo interno”. Un monito che restituisce valore al gioco come misura di democrazia, di crescita e di qualità urbana.
La necessità di portare i bambini nelle strade non è nostalgia, ma una scelta politica e sociale. Restituire spazio al gioco significa costruire comunità più forti, città più inclusive e un futuro più umano.
È parte del nostro impegno quotidiano, è la nostra vision, il nostro lavoro di partecipazione al raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo sostenibile Agenda 20230.
𝘽𝙖𝙢𝙗𝙞𝙣𝙚 𝙚 𝙗𝙖𝙢𝙗𝙞𝙣𝙞 𝗻𝗼𝗻 𝙨𝙤𝙣𝙤 𝙘𝙞𝙩𝙩𝙖𝙙𝙞𝙣𝙚 𝙚 𝙘𝙞𝙩𝙩𝙖𝙙𝙞𝙣𝙞 𝙙𝙞 𝙙𝙤𝙢𝙖𝙣𝙞: 𝙡𝙤 𝙨𝙤𝙣𝙤 𝙙𝙞 𝙤𝙜𝙜𝙞 𝙚 𝙨𝙤𝙣𝙤 𝙘𝙞𝙩𝙩𝙖𝙙𝙞𝙣𝙚 𝙚 𝙘𝙞𝙩𝙩𝙖𝙙𝙞𝙣𝙞 𝙙'𝙀𝙪𝙧𝙤𝙥𝙖!



